Veicoli industriali a ottobre un calo del -2,4%

Il dato che pesa maggiormente è il calo dei volumi dei veicoli sopra le 16 t (-3,3%). Rallenta anche la crescita maturata nei primi dieci mesi del 2024, che si attesta a un modesto +1,7%.

La nuova contrazione delle immatricolazioni di veicoli industriali anche nel mese di ottobre (un calo che si aggiunge a quello dei mesi precedenti) preoccupa gli operatori del settore, che chiedono a gran voce interventi mirati a sostegno del rinnovo del parco circolante e della decarbonizzazione del trasporto pesante.

Come rilevano i dati diffusi dal Centro Studi e Statistiche di Unrae, nel mese di ottobre sono state immatricolate 2.184 unità contro le 2.238 di ottobre 2023 (-2,4%). Il risultato mensile riduce ulteriormente la crescita maturata nei primi dieci mesi del 2024, che si attesta a un modesto +1,7% rispetto al periodo gennaio-ottobre dello scorso anno.
A pesare sulla contrazione dell’ultimo mese è soprattutto il segmento dei mezzi pesanti, che registra un disavanzo del 3,3%, con 1.872 unità immatricolate e una perdita di volumi pari a 64 unità.

Anche i veicoli leggeri fino a 6 t chiudono in negativo a -1,7%, mentre segnano un incremento di 11 unità le immatricolazioni dei medio-leggeri, tra 6,01 e 15,99 t (+4,5%).
Nel commentare gli ultimi dati di mercato, il presidente della sezione Veicoli Industriali di Unrae, Paolo A. Starace, è chiaro e perentorio nel richiedere un netto cambio di rotta: “Il trend negativo che sembra contraddistinguere il secondo semestre di quest’anno evidenzia i limiti di un mercato che, senza interventi concreti, rischia di subire una contrazione ancor più marcata. Se vogliamo scongiurare che questa flessione caratterizzi anche tutto il 2025, è fondamentale un cambio di rotta, con azioni immediate e incisive”.
Quello che più pesa, secondo Starace, è la mancanza di una visione strategica del settore e il ritardo nell’attuare misure già previste. “Oggi assistiamo a una situazione nella quale, oltre all’assenza di una visione strategica per il settore, anche le misure effettivamente previste – che diventano sempre più urgenti per via della situazione contingente – subiscono ritardi inaccettabili al momento della loro attuazione – ha dichiarato Starace. – Mi riferisco, in particolare, agli incentivi 2024 per il rinnovo del parco veicolare, annunciati e finanziati con un Decreto ad hoc firmato lo scorso 6 agosto, ma che probabilmente diventeranno operativi solo nei primi mesi del 2025”.

Mercato auto in rosso, in Italia ad ottobre -9,1%

Il mercato italiano dell’auto registra un nuovo calo: a ottobre, secondo i dati diffusi dal ministero dei Trasporti, sono state immatricolate 126.488 autovetture, contro le 139.078 dello stesso mese dell’anno precedente, con un calo del 9,1%. Leggero segno più per quanto riguarda le vendite dall’inizio dell’anno: 1.328.663 immatricolazioni contro le 1.316.001 del periodo gennaio – ottobre 2023, con un incremento dell’1%.

Gli utilizzatori. Calano leggermente le immatricolazioni di privati (-0,7%), che rimangono comunque il 64,4% della quota di mercato (57,7% dall’inizio dell’anno). Scendono anche le auto-immatricolazioni (-22,7% rispetto a ottobre 2023), che passano dall’11,5% del mercato nel 2023 al 9,8%. Continua la flessione del noleggio a lungo termine (-24,9% rispetto a ottobre 2023), così come quella del breve termine (-14,6%), con quote di mercato rispettivamente del 18,3% e del 1,2%. Da ultimo, -12,2% per Società ed Enti, con una quota di mercato che cede 0,2 punti nel mese, dal 6,5 al 6,3%.

La classifica per marca. Per il secondo mese di fila la Fiat chiude al terzo posto con 9.194 immatricolazioni, con un crollo del 43,4% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Al primo posto delle marche più vendute la Volkswagen, con 10.928 nuove targhe (+12,1% rispetto a ottobre 2023, per una quota di mercato dell’8,6%), e la Toyota, con 10.630 (+7,4%, quota di mercato pari a 8,4%). Con 7.705 immatricolazioni la Dacia scavalca la Renault (7.068) e si posiziona al quarto posto: la casa low cost registra un -4,6 rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, e ottiene una quota di mercato pari al 6,1%. La Renault perde l’8% e si attesta al 5,6%. A seguire, nella classifica dei brand più venduti la Peugeot (6.907 nuove targhe, +27,4%), la BMW (6.438, +20,3%), la Jeep (6.084, -10,8%), la Ford (5.878, -13,8%) e la Audi (5.408, -6,5%).

La classifica per alimentazioni. Le ibride si confermano le auto più vendute in Italia (con una quota di mercato del 42,8%), anche se con 54.936 immatricolazioni contro le 55.326 dello stesso mese dello scorso anno, registrando quindi una flessione dello 0,7%. In questo segmento, le full hybrid sono 17.351 (+6,4%) e le mild 37.585 (-3,7%). Continua il calo delle plug-in (3,4% del mercato), che con 4.363 nuove targhe perdono il 25,6% rispetto a ottobre 2023, quando le immatricolazioni erano state 5.862. Dopo l’incremento registrato a settembre tornano a calare anche le elettriche: 5.067 nuove immatricolazioni contro le 5.803 dello scorso anno, con un calo del 12,7%. La quota di mercato delle Bev in Italia è del 4%. Non si ferma il calo delle motorizzazioni termiche: -9,5% per i modelli a benzina, che crescono del 4,7% anno su anno e si attestano a una quota di mercato pari al 27,5%. -22% per le auto a gasolio (-22,7% anno su anno), con una quota del 13,1%. Con 11.768 nuove immatricolazioni il Gpl perde il 16,3%, e si attesta al 9,2% del mercato. Solo 3 le auto a metano immatricolate contro le 119 dello scorso anno: un calo del 97,5%, che azzera di fatto la quota di mercato dei modelli alimentati a gas naturale.

Emissioni. Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, nel mese di ottobre tornano a salire i valori medi di CO2 delle auto di nuova immatricolazione: 119,3 g/Km, con un incremento dello 0,3%, e un valore di 119,4 g/Km nei 10 mesi (con un calo dello -0,4%). L’obiettivo fissato dall’Unione Europea per quest’anno è di 116 g/km, mentre nel 2025 scenderà a 93,6 g/km. Lo scorso mese sono state immatricolate 6.426 auto (5% del mercato) con emissioni inferiori ai 20 g/km e 2.819 vetture (2,2% del totale) nella fascia 21-60 g/km. Sono state invece 85.546 le registrazioni di modelli con CO2 compresa tra i 61 e i 135 g/km, pari al 66,7% del totale. Oltre a queste tre fasce, sono state registrate anche 27.826 auto (21,7% del mercato) con emissioni di anidride carbonica tra i 136 e i 190 g/km, mentre i modelli con valori superiori ai 190 g/km sono 2.800 (2,2%).

Tolti 4,6 miliardi al fondo automotive

L’Anfia lancia l’allarme sugli effetti di una misura inserita dal governo nella recente Legge di Bilancio: si tratta di un nuovo taglio apportato alla disponibilità del Fondo Automotive. Lo strumento è stato varato nel 2022 per rilanciare il comparto automotive grazie a una dotazione iniziale di 8,7 miliardi di euro, che quest’anno è stata già ridotta a circa 5,75 miliardi (750 milioni per il 2025 e 1 miliardo l’anno dal 2026 al 2030). Ora, Palazzo Chigi procede con un nuovo ridimensionamento per un ammontare di certo non esiguo. L’Anfia, infatti, esprime il suo “sconcerto” per la decisione dell’esecutivo “di decurtare di oltre 4,6 miliardi di euro il fondo automotive destinato all’adozione di misure a sostegno della riconversione della filiera”.

“Un fulmine a ciel sereno”. L’associazione ricorda quindi il contributo della filiera, sottolineando come l’automotive rappresenti “il principale settore manufatturiero italiano”, con oltre 270.000 addetti diretti e un fatturato di più 100 miliardi di euro, ma sia anche “l’unico a cui è richiesta una trasformazione obbligatoria epocale in pochi anni. Inoltre, come ben noto a tutte le istituzioni, le aziende italiane oltre alle sfide del Green Deal, stanno anche affrontando una conclamata crisi industriale a livello nazionale che, unita al forte calo dei volumi di mercato a livello europeo, sta mettendo seriamente a rischio la sopravvivenza di un’eccellenza italiana”. Per l’Anfia, il taglio previsto dalla Legge di Bilancio “è un’inaccettabile fulmine a ciel sereno che contraddice in maniera clamorosa l’importante attività che lo stesso governo sta svolgendo in Europa a favore del settore per migliorare la regolamentazione, e che annulla i mesi di intenso lavoro del Tavolo Sviluppo Automotive”. Infine, un avvertimento: “L’auspicio è di vedere fortemente ridotto il taglio nell’iter di approvazione della manovra in Parlamento: il caso contrario, questo tragico ridimensionamento delle risorse, segnerebbe una profonda frattura nella fin qui ottima collaborazione tra la filiera e il governo”.

L’allarme dei sindacati. Analogo avvertimento è stato lanciato dai sindacati dei metalmeccanici. Fim, Fiom e Uilm esprimono infatti “profonda preoccupazione e ferma contrarietà per la decisione del governo di tagliare al fondo automotive 4,6 miliardi di euro, pari all’80% delle risorse previste: in un momento in cui l’intero comparto automotive si trova in una fase di profonda trasformazione e crisi, risulta fondamentale un forte sostegno per garantire la competitività del settore, la difesa dell’occupazione e l’innovazione tecnologica, indispensabile per affrontare le sfide del futuro”, aggiungono i segretari generali Ferdinando Uliano, Michele De Palma e Rocco Palombella, sottolineando come la mobilitazione dello scorso 18 ottobre, “anziché trovare ascolto e una risposta positiva, è stata seguita da un provvedimento che va nella direzione opposta a quella auspicata, mettendo a rischio il futuro di migliaia di famiglie e la sopravvivenza di una filiera strategica per il Paese”. I tre segretari non chiedono solo un ripristino dei fondi, ma anche “un loro incremento, in linea con le necessità attuali e con quanto si dovrà ottenere anche a livello europeo, per sostenere una giusta transizione ecologica e occupazionale”. Per questo, le tre sigle chiedono “con urgenza una convocazione ufficiale da parte della Presidenza del Consiglio, con la partecipazione delle segreterie di Fim, Fiom e Uilm, dei vertici di Stellantis e delle aziende della componentistica, affinché si possa discutere insieme delle misure necessarie per salvaguardare l’industria automobilistica italiana e i suoi lavoratori”.

Allarme Federauto: oltre metà delle auto Bev sono immatricolate dai dealer

Federauto torna a lanciare un avvertimento sugli effetti delle normative europee dopo l’allarme delle associazioni di rappresentanza dei dealer Stellantis: in particolare, la federazione dei concessionari fornisce un quadro preoccupante degli effetti delle imposizioni di Bruxelles sulle reti di vendita, già oggi costrette a immatricolare “più del 50% delle auto a batteria”. 

Concessionari sotto pressione. Il presidente Massimo Artusi parla di “una pressione eccessiva” sui dealer per un Green Deal Automotive che “vincola i costruttori a produrre veicoli poco graditi dal nostro mercato”. Infatti, le normative sulle emissioni e il rischio di multe pesantissime inducono le Case “a forzare la fabbricazione” di Bev “che il mercato non assorbe”. Di conseguenza, se non ci saranno delle modifiche, come chiesto dal governo italiano, i costruttori trasferiranno “l’onere di smaltire prodotti difficili da commercializzare sui concessionari”. Cosa che per Artusi sta già avvenendo: i dati sulle immatricolazioni, infatti, “distorcono la realtà effettiva del mercato e più del 50% delle auto a batteria sono immatricolate, obtorto collo, dai concessionari, con ingenti oneri finanziari di stock e di obsolescenza causata dal prolungato stop dell’invenduto”. A ciò “si aggiunge l’inquietante notizia dell’assegnazione d’ufficio ad alcuni dealer – con successiva fatturazione – di veicoli non ordinati e non abbinati a un cliente finale”.

Rischi e ripercussioni.  Non solo. Secondo il presidente di Federauto, “è prevedibile che i produttori, per non incorrere nelle pesanti sanzioni previste dal 2025, finiranno per ridurre la produzione di vetture con motore a combustione, contingentando la vendita dei modelli che, di fatto, continuano ad essere i più richiesti dal mercato e provocando un inevitabile calo dei volumi di attività delle concessionarie, mettendole potenzialmente in crisi, con un prevedibile e indesiderato effetto di ulteriore obsolescenza del parco ed il rischio di gravissime ripercussioni sulla sicurezza stradale e sull’inquinamento”. Artusi, che denuncia ancora una volta la decisione di alcune Case di passare al modello d’agenzia, ha intenzione di fare “il necessario per evitare che tutte le pressioni generate da un quadro normativo astratto si scarichino sul capo dei concessionari, sugli automobilisti, sull’economia nazionale (con l’interruzione di produzioni o la chiusura di interi siti) e sul bilancio dello Stato che, da un minor numero di vendite di autoveicoli, subirebbe un forte calo del gettito. Non solo dovuto alla riduzione delle entrate provenienti dalla tassazione diretta e indiretta sulle immatricolazioni di auto nuove, ma anche per la difficoltà di rintracciare i margini tassabili delle aziende multinazionali in favore di Paesi, anche europei, con fiscalità più favorevole”.

Usato: a luglio 2024 il mercato cresce a doppia cifra

Il diesel continua a mantenere la leadership tra le motorizzazioni più scelte nel mercato delle auto usate

Nel mese di luglio, il mercato delle auto usate segna una ripresa significativa con una crescita a doppia cifra: si registra un aumento del 12,2%, con 457.070 trasferimenti di proprietà, rispetto ai 407.197 dello stesso mese del 2023. Tuttavia, questo dato rimane inferiore del 4,5% rispetto ai livelli del 2019. Anche i trasferimenti netti mostrano un incremento del 13,3%, mentre le minivolture crescono del 10,8%. Nei primi sette mesi dell’anno, la crescita complessiva si attesta al +9,2%, con 3.183.457 passaggi rispetto ai 2.915.613 registrati nel gennaio-luglio 2023, segnando un calo del 3,6% rispetto al 2019.

Nel mese di luglio, il diesel continua a mantenere la leadership tra le motorizzazioni più scelte nel mercato delle auto usate, nonostante un calo di 3,8 punti percentuali, arrivando a una quota del 45,5% (45,4% nei primi sette mesi). Al secondo posto si trova il motore a benzina, con una quota del 37,6%, in diminuzione di 0,3 punti percentuali e con un 38,5% nel totale annuale.

Le motorizzazioni ibride occupano la terza posizione, rappresentando l’8,1% del mercato (7,4% nel cumulato), seguite dal GPL, che si attesta al 4,7% nel mese e al 4,8% nei sette mesi.  Il metano raggiunge il 2,1% in luglio e il 2,2% nel periodo gennaio-luglio, mentre i trasferimenti netti di auto BEV e plug-in contribuiscono rispettivamente con lo 0,9% e l’1,1% del totale (0,7% e 0,9% nel cumulato).

L’analisi regionale per il mese di luglio evidenzia un ranking piuttosto stabile. La Lombardia si conferma al primo posto con una quota del 16%, seguita dal Lazio al 9,9%, che registra una diminuzione di 0,3 punti a causa della flessione degli scambi tra privati. Il Trentino-Alto Adige, invece, perde 0,2 punti nel mese e 0,6 nel cumulato, principalmente a causa del significativo calo nel settore del noleggio a breve e lungo termine.

A luglio, la quota dei trasferimenti netti di auto con oltre 10 anni di anzianità registra una diminuzione di 3,4 punti, arrivando al 47,2% del mercato (48,2% nei primi sette mesi). Anche la percentuale delle auto con età compresa tra 4 e 6 anni scende di oltre un punto, attestandosi al 12,0% nel mese e al 12,5% nel cumulato. Tuttavia, la quota delle vetture tra 6 e 10 anni aumenta, raggiungendo il 17,4% (16,8% nel cumulato).

Le auto da 2 a 4 anni vedono un incremento dello 0,6 punti, passando al 12,4% in luglio rispetto all’11,6% di gennaio-luglio. Anche le auto da 1 a 2 anni guadagnano 1,4 punti, arrivando al 4,4% nel mese e al 4,3% nel cumulato. Inoltre, la quota delle vetture più nuove, quelle da 0 a 1 anno, cresce di 0,9 punti, raggiungendo il 6,5% in luglio e il 6,6% nel cumulato. In generale, i trasferimenti di auto fino a 4 anni di età passano dal 20,3% di luglio 2023 al 23,3% attuale, guadagnando 3,0 punti.

Auto elettriche, vendite giù del -36% in Europa: il dato peggiore in Germania e Italia

Le vendite delle auto elettriche pure segnano un crollo in Europa: -36%. I picchi negativi sono stati registrati in Germania (-68,8%) e in Italia (-40,9%)

Le vendite delle auto in Europa calano del -16,5% in un anno. Il dato emerge dal confronto fra agosto 2024 e lo stesso mese dell’anno precedente. Ma i volumi crollano del -29,6% se il confronto viene fatto con l’anno 2019, quello precedente al lockdown pandemici. Per il mercato delle elettriche la situazione è ancora peggiore: -36%. Le immatricolazioni restano comunque positive, seppure con uno scarto minimo.

Le immatricolazioni
Le immatricolazioni delle auto segnano il +1,7% nell’area Europa più Efta. A preoccupare i costruttori c’è però un dato significativo: nei primi otto mesi del 2024, rispetto allo stesso periodo del 2023, il mercato francese ha registrato una flessione pari al -0,5% e quello tedesco ha segnato il -0,3%. E rispetto ai livelli pre-crisi pandemica i volumi del settore registrano una discesa del -20%.

Se si considera la sola base mensile, il risultato è ancora peggiore: la Germania ad agosto 2024 vede calare le immatricolazioni del -27,8% rispetto ad agosto 2023; in Francia il dato è del -24,3% e in Italia del -13,4%; in Spagna il dato è del -6,5% e nel Regno Unito del –1,3%.

Il mercato Bev
Il vero tonfo arriva dal mercato delle Bev, battery electric vehicle ossia le auto elettriche: il calo è del -36% nel mese di agosto. Picchi negativi oltre la media sono stati registrati in Germania (-68,8%) e in Italia (-40,9%). La Francia si assesta su un -33,1% e la Spagna su un -24,8%. Il Regno Unito va in controtendenza segnando un +10,8%.

I motivi del calo
Sono essenzialmente quattro i motivi del tracollo dell’elettrico in Europa. Il primo è il significativo gap nei prezzi che rende un tradizionale modello a combustione più appetibile per le tasche dei consumatori rispetto a un modello ibrido o elettrico puro.

Il secondo motivo, correlato al primo, è la fine degli incentivi statali in molti Paesi dell’area euro. Attualmente è innegabile che siano gli incentivi a trainare il mercato in molti Paesi. Prova ne è che al loro lancio, gli incentivi si esauriscono immediatamente.

Il terzo motivo è correlato alla difficoltà, in molti territori, nel reperire le colonnine di ricarica.

Il quarto e ultimo motivo è legato alle prestazioni delle auto elettriche sulle lunghe percorrenze, ancora inferiori rispetto alle vetture a combustione: pesano la minore autonomia e i maggiori tempi di rifornimento.

I produttori invocano incentivi
Tra i gruppi automobilistici in maggiore sofferenza nel periodo considerato ci sono Volkswagen (-13,3%) e Stellantis (-28,7%).

L’Acea, l’associazione dei produttori auto, ha chiesto alle istituzioni europee “di presentare misure di soccorso urgenti prima che i nuovi obiettivi di CO2 per auto e furgoni entrino in vigore nel 2025”. I produttori chiedono inoltre che la Commissione possa “anticipare le revisioni della regolamentazione sulla CO2 per veicoli leggeri e pesanti, attualmente previsti rispettivamente per il 2026 e il 2027, al 2025”.

Auto diesel e benzina: il governo italiano chiederà di rivedere lo stop nel 2035

La battaglia sull’auto elettrica si apre il prossimo 25 settembre a Bruxelles in occasione di un vertice sul settore promosso dall’Ungheria.

Il ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso sceglie il Workshop Teha di Cernobbio per l’annuncio.

LA PROPOSTA DELL’ITALIA

Presenterà la proposta di anticipare alla prima parte del 2025 la revisione sullo stop alla produzione di veicoli endotermici al 2035, prevista originariamente per il 2026 nell’ambito del ‘Green Deal’ dell’Ue. Urso rilancerà la proposta il giorno successivo al consiglio dell’Ue sulla competitività e prevede di contattare gli altri ministri europei, ma prima si deve insediare il nuovo governo francese.

Nel frattempo ha usato la platea di Cernobbio per parlare anche di energia e anticipare la creazione a breve di una “newco italiana, con una partnership tecnologica straniera, che consenta di produrre in Italia il nucleare di terza generazione avanzata”. “Produrre i reattori – ha spiegato – per poi essere installati dove vengono richiesti nel mondo e certamente anche in Italia”.

Che sull’auto i tempi siano maturi per procedere con una revisione allo stop all’endotermico al 2035 lo sostiene anche il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture Matteo Salvini, che sempre a Cernobbio chiarito che “non siamo solo noi a esplicitare qualche dubbio sul tutto elettrico dal 2035. Adesso si è accorta anche la Germania e quindi immagino che saremo più fortunati”. “Il green deal – ha spiegato – lo fai con il cambio di modalità operativa e lavorativa”.

Il problema secondo Urso “non è solo italiano, è europeo” ed è diventato d’attualità in Germania, dove Volkswagen, secondo produttore mondiale di auto, ha ventilato per la prima volta dopo 87 anni di storia la chiusura di impianti di produzione di veicoli e di componenti “se non si interviene rapidamente”, ha precisato l’amministratore delegato del colosso di Wolfsburg.

Dalla fine del Covid infatti il gruppo ha perso qualcosa come 500mila auto vendute, pari alla capacità produttiva di 2 stabilimenti.

In questo quadro secondo il ministro l’Europa “rischia il collasso” a causa della concorrenza dei costruttori cinesi, favoriti dalla maggior disponibilità di materie prime per le batterie e dai costi di produzione più bassi, proprio mentre i gruppi europei si devono attrezzare per convertire all’elettrico le loro linee di montaggio entro il 2035.

“Il processo del green deal – spiega Urso – prevede una clausola di revisione entro la fine del 2026, ma chiunque conosca il sistema produttivo sa che gli investimenti si fanno se c’è certezza”. Avanti di questo passo, a suo dire, diventa un problema la sopravvivenza dell’intera industria automobilistica europea, “incapace di sostenere il rischio che le è stato imposto senza adeguate risorse e investimenti pubblici”. “Chiedo di anticipare questa decisione – ha sottolineato – perché se lasciamo l’incertezza fino al 2026, si rischia un’ondata di scioperi e proteste europee come hanno fatto gli agricoltori e rischiamo il collasso dell’industria”. “Per questo – ha proseguito – chiederò l’anticipo per la prima parte del prossimo anno, per rivedere il processo, la tempistica e la modalità per giungere alla sostenibilità ambientale nel nostro continente”.

“Se si vogliono mantenere tempi stringenti – ha concluso – occorre sostenere l’industria con imponenti risorse pubbliche europee, con un piano tipo Pnrr per l’automotive e comunque la tempistica deve essere adeguata alla sostenibilità economica produttiva e sociale del nostro Paese”.

Auto: ad agosto vendite in calo del 13,4%

Complice una giornata in meno di lavoro rispetto all’agosto 2023, nel mese che si è appena chiuso sono state immatricolate secondo il ministero dei Trasporti 69.121 autovetture in Italia. Il calo rispetto a dodici mesi fa è vistoso: meno 13,4%. Anche l’effetto incentivi, che aveva portato le immatricolazioni a crescere del 15% in giugno e del 4,7% in luglio, è completamente sparito.

Rispetto ai livelli ante-crisi, cioè rispetto ad agosto 2019, la contrazione è di ben il 22,5%.I sussidi varati dal governo Meloni hanno portato comunque ad una lieve crescita delle performance nei primi otto mesi dell’anno. Le immatricolazioni toccano quota 1.080.447 con un aumento del 3,8% sul 2023, ma con un calo del 18,5% sui livelli pre-Covid.

resta tuttavia ancora inutilizzato il 67,9% dello stanziamento per gli incentivi all’acquisto di auto con emissioni di CO2 da 21 a 60 grammi al chilometro e soprattutto che resta ancora inutilizzato il 32,3% dello stanziamento per le auto a combustione interna (cioè per le auto tradizionali) con emissioni di CO2 da 61 a 135 grammi al chilometro, stanziamento che in precedenti campagne veniva bruciato in pochi giorni.

Sulle immatricolazioni l’effetto del boom nella prenotazione di incentivi per l’acquisto di auto elettriche di giugno si sta manifestando con grande lentezza. In maggio la quota delle elettriche sul totale delle immatricolazioni era pari al 3,6%. Era salita poi all’8,3% con la fiammata degli incentivi di giugno per discendere nuovamente in luglio al 3,4% e al 3,7% in agosto. Livelli questi molto lontani da quelli medi dell’Unione Europea.

Per contro il mercato delle auto usate resta in buona salute e secondo l’82% dei concessionari interpellati dal Centro Studi Promotor, nel quadro della sua inchiesta congiunturale di fine agosto, si manterrà nei prossimi mesi sui buoni livelli attuali o aumenterà.

Stellantis, gruppo italo-franco-americano che ha come primo azionista Exor ha immatricolato ad agosto in Italia – secondo un’elaborazione su dati di Dataforce – 17.132 auto, il 32,4% in meno dello stesso mese del 2023 (25.351 unità), con la quota di mercato in flessione dal 31,8% al 24,8%. Nei primi otto mesi dell’anno le immatricolazioni del gruppo sono state 335.883, in calo del 2,1% sull’analogo periodo dell’anno scorso a 343.236. La quota di mercato è pari al 31% a fronte del 32,9 dell’agosto 2023%.

 

Europa: mercato dell’auto quasi fermo

Il mercato dell’auto europeo è quasi fermo nel mese di luglio: le immatricolazioni in Unione Europea, Efta e Regno Unito – secondo i dati dell’Acea, l’associazione dei costruttori europei – sono state 1.025.290 vetture, pari allo 0,4% in più dello stesso mese del 2023.

Nei primi 7 mesi del 2024 sono state vendute 7.906.191 auto, il 3,9% in più dell’analogo periodo dell’anno scorso.

Il gruppo Stellantis ha immatricolato a luglio in Unione Europe 152.830 auto, il 4,8% in meno dello stesso mese del 2023. La quota di mercato è scesa dal 15,7% al 14,9%. Nei primi sette mesi dell’anno le immatricolazioni del gruppo sono 1.298.102, in calo dello 0,5% sull’analogo periodo del 2023. La quota di mercato è pari al 16,4% contro il 17,1% di un anno fa.

A luglio le auto elettriche a batteria rappresentano il 12,1% del mercato automobilistico dell’Unione Europea, in calo rispetto al 13,5% dell’anno precedente.

I veicoli ibridi elettrici hanno aumentato la loro quota di mercato, passando dal 25,5% al 32%. La quota complessiva di auto a benzina e diesel è scesa dal 50% al 46%.

L’Ue lima i dazi per le e-car cinesi

Nell’ambito dell’indagine in corso la Commissione Europea ha reso noto alle parti interessate variazioni sui possibili dazi compensativi definitivi sulle importazioni di veicoli elettrici a batteria dalla Cina.

Vi è un leggero adeguamento delle aliquote dovuto alle interlocuzioni con le parti: Byd: 17,0%, Geely: 19,3%, Saic: 36,3%.

Le altre società che hanno collaborato: 21,3%, tutte le altre società che non hanno collaborato: 36,3%. Si tratta di “una fase procedurale intermedia”, prima che le misure siano adottate, per dare la possibilità di commenti finali. Vi è inoltre un dazio ad hoc del 9% per Tesla come esportatore dalla Cina.

La Camera di commercio cinese presso l’Ue (Ccceu), preso atto della divulgazione da parte della Commissione europea dei dazi compensativi proposti nell’indagine antisovvenzioni contro i veicoli elettrici a batteria made in China, esprime “la sua forte insoddisfazione e la sua ferma opposizione l’approccio protezionistico” sposato da Bruxelles. La mossa, si legge in una nota della Camera che ha duramente contestato l’iniziativa Ue fin dalle prime battute, “aggraverà le tensioni commerciali tra Cina e Ue, inviando un segnale profondamente negativo alla cooperazione globale e allo sviluppo verde”.

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