Aftermarket: confermata la proroga al 2028 della MVBER

Anticipando la scadenza prevista per il 31 maggio di quest’anno della normativa MVBER (Motor Vehicle Block Exemption Regulation) e in linea con quanto già annunciato lo scorso anno dalla Commissione Europea, lo scorso 17 aprile, la Commissione ha confermato di aver prorogato fino al 31 maggio 2028 la validità della legge e di aver aggiornato gli orientamenti supplementari riguardanti il settore.

Come scrive la nota stampa ufficiale, gli orientamenti riveduti aiuteranno le imprese del settore automobilistico a valutare la compatibilità dei loro accordi verticali con le norme dell’UE in materia di concorrenza, garantendo nel contempo che gli operatori del mercato post-vendita, tra cui le officine, continuino ad avere accesso ai dati generati dai veicoli che sono necessari per la riparazione e la manutenzione.

La proroga di cinque anni della normativa permetterà alla Commissione di reagire tempestivamente a eventuali cambiamenti del mercato, ad esempio quelli derivanti dalla digitalizzazione e dall’elettrificazione dei veicoli e dai nuovi modelli di mobilità.

Le principali modifiche

L’aggiornamento degli orientamenti supplementari riguardano due aspetti: l’accesso ai dati e il principio di proporzionalità.

I dati generati dai sensori dei veicoli possono costituire un fattore produttivo essenziale della fornitura di servizi di riparazione e manutenzione.

Pertanto, per conformarsi all’articolo 101 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (“TFUE”), i riparatori autorizzati e indipendenti dovrebbero avere un accesso a tali dati su un piano di parità.

I principi esistenti su cui si basa la fornitura delle informazioni tecniche, degli strumenti e della formazione necessari per la prestazione dei servizi di riparazione e manutenzione sono stati estesi in modo da includere esplicitamente i dati generati dai veicoli.

Inoltre, i nuovi orientamenti specificano che i fornitori di veicoli devono applicare il principio di proporzionalità quando valutano se rifiutare o meno l’accesso ai fattori produttivi, come i dati generati dai veicoli, sulla base di possibili preoccupazioni in materia di cyber sicurezza.

Infine, gli aggiornamenti segnalano che l’articolo 102 TFUE può essere applicabile se un fornitore rifiuta unilateralmente a un operatore indipendente l’accesso ai fattori produttivi essenziali, ad esempio i dati generati dai veicoli.

La MVBER e le normative di riferimento

Gli accordi verticali sono accordi tra due o più imprese operanti a livelli diversi della catena di produzione o di distribuzione, che riguardano le condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi.

L’articolo 101, paragrafo 1, TFUE vieta gli accordi tra imprese che limitano la concorrenza.

Tuttavia, l’articolo 101, paragrafo 3, TFUE consente di dichiarare tali accordi compatibili con il mercato interno purché contribuiscano a migliorare la produzione o la distribuzione dei prodotti o a promuovere il progresso tecnico o economico, pur riservando agli utilizzatori una congrua parte dell’utile che ne deriva, senza eliminare la concorrenza.

La MVBER stabilisce che il regime generale della Commissione sulle restrizioni verticali (ovverosia il regolamento di esenzione per categoria per gli accordi verticali o VBER, Vertical Block Exemption Regulation) si applica agli accordi per la distribuzione di veicoli nuovi.

La VBER prevede un’esenzione dal divieto di cui all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE per gli accordi verticali che soddisfano determinate condizioni, creando in tal modo una zona di sicurezza per tali accordi.

Gli orientamenti relativi alle restrizioni verticali forniscono indicazioni su come interpretare e applicare la VBER e su come valutare gli accordi verticali che non rientrano nella zona di sicurezza prevista dalla VBER.

Per quanto riguarda gli accordi relativi alla vendita o alla rivendita di pezzi di ricambio per autoveicoli o alla prestazione dei servizi di riparazione e manutenzione di autoveicoli, la MVBER stabilisce che l’articolo 101, paragrafo 1, del TFUE non si applica ad essi, purché tali accordi soddisfino i requisiti per un’esenzione nell’ambito del regime generale e non contengano alcuna delle clausole elencate nella MVBER che eliminano la possibilità di beneficiare dell’esenzione.

Come si è arrivata agli aggiornamenti degli orientamenti supplementari?

Il 28 maggio 2021, la Commissione ha pubblicato una relazione di valutazione e un documento di lavoro dei servizi della Commissione che illustrano i risultati della valutazione dell’intero quadro applicabile al settore automobilistico (il regolamento MVBER, gli orientamenti supplementari e il regolamento di esenzione per categoria per gli accordi verticali e gli orientamenti sulle restrizioni verticali, nella misura in cui si applicano al settore automobilistico). Dalla valutazione è emerso che il quadro era stato utile e rimaneva pertinente per le parti interessate.

In particolare, essa ha concluso che, nel complesso, il contesto concorrenziale dei mercati dei veicoli a motore non è cambiato in modo significativo da quando la Commissione ha valutato questi mercati per l’ultima volta, nel 2010, ma che il settore risultava soggetto a forti pressioni per adeguarsi alle trasformazioni verde e digitale.

Auto usate, le ibride salgono al 3° posto fra le preferenze

Dopo la crescita di gennaio, torna a flettere in febbraio il mercato delle autovetture usate (con dati in attesa di consolidamento): con 401.117 trasferimenti di proprietà rispetto ai 404.966 dello stesso periodo 2022 si registra un leggero calo dell’1%. I trasferimenti netti cedono l’1,5%, mentre le minivolture rimangono sostanzialmente stabili (-0,2%). Nel 1° bimestre il mercato dell’usato rimane in attivo del 4% con 450.734 passaggi, verso i 329.743 di gennaio-febbraio 2022.

Alimentazioni

Fra le motorizzazioni preferite nel mercato delle auto usate, il diesel a febbraio 2023 conferma la leadership, con il 47,3% delle preferenze (-2,3 p.p., in linea con la quota del 1° bimestre), seguito dal benzina al 40,1%, in recupero di 0,4 punti sullo stesso mese 2022 (40,4% nei 2 mesi). Le ibride salgono al terzo posto con il 4,8% nel mese e il 4,5% nel cumulato, superando il Gpl (al 4,5% del totale nel mese e 4,4% nel bimestre). Il metano sale al 2,4%, mentre i trasferimenti netti di auto elettriche pure (BEV) e plug-in si posizionano rispettivamente allo 0,4% e allo 0,5%.

Contraenti

Gli  scambi tra privati/aziende cedono leggermente nel mese (-0,7 p.p.) al 56,2% di tutti i passaggi di proprietà (57,5% nel 1° bimestre). Stabili al 39,7% quelli da operatore a cliente finale (38,9% in gennaio-febbraio). Crescono quelli provenienti dal noleggio (1,4% complessivo) e perdono 0,4 punti quelli da Km0 (al 2,6%).

Regioni

L’analisi per regione evidenzia la leadership della Lombardia con il 15,8% dei trasferimenti, seguita da Lazio e Campania, con quote in contrazione, rispettivamente al 9,8% e 9,0%. Cresce di 0,7 punti, sfiorando il 3% di share, la rappresentatività del Trentino Alto Adige, grazie al contributo delle società di noleggio.

Anzianità

Si stabilizza la quota dei trasferimenti netti di vetture con oltre 10 anni di anzianità, al 50,2% in febbraio (51,4% nel bimestre). Sale al 15,4% la quota delle auto da 6 a 10 anni (in linea con il cumulato), stabile quella delle vetture da 4 a 6 anni (12,1% nel mese e 12% in gennaio-febbraio). In contrazione la quota delle auto più fresche da 0 a 1 anno (al 5,6%), per la riduzione delle Km0, mentre recupera quella delle auto da 1 a 2 anni (al 4,5%).

Minivolture

Sul fronte delle minivolture, in febbraio perde mezzo punto la quota dei privati o altre società che permutano la propria vettura, al 61,9% (61,2% nel 1° bimestre), mentre si riduce lievemente la quota dei ritiri di autovetture da parte degli operatori, al 26,2% (26,7% in gennaio-febbraio). In crescita le auto ritirate provenienti dal noleggio a lungo e breve termine, cala quella delle auto provenienti da Km0.

In febbraio confermano una leggera contrazione le minivolture di auto diesel al 53,5% (-0,3 p.p., in linea con il cumulato), mentre un calo più sostenuto si registra per il benzina, al 31,3% (-1,7 p.p.). Sostanzialmente stabile il metano (al 2,5%), a fronte di una leggera crescita per il Gpl (al 5,2%). Salgono al 3° posto le minivolture di auto ibride: 6,1% di share. Stabili le plug-in allo 0,5%; in lieve flessione le BEV allo 0,8%.

A febbraio si conferma stabile, fra le minivolture, la quota delle autovetture con più di 10 anni, al 39,7% del totale (in linea con il cumulato). In crescita, invece, le fasce di anzianità da 6 a 10 anni (19,2% nel mese e 18,9% nel 1° bimestre), da 4 a 6 anni (13,6% e 13,5% in gennaio-febbraio) e quella da 1 a 2 anni (6,3%). Cedono, invece, oltre 2 punti le auto più fresche da 0 a 1 anno.

dati UNRAE

E-fuel e biofuel: se ne parla molto, ma cosa sono?

Di Biofuel, caldeggiato dall’Italia ed E-fuel, sospinto invece dalla Germania se ne parla parecchio in questo periodo: l’obiettivo è quello di aggiungere delle ulteriori possibilità da affiancare alla mobilità elettrica in vista del 2035. Quali sono le differenze tra i due tipi di combustibili alternativi?

E-FUEL:

Si tratta di un combustibile sintetico che non contiene prodotti derivati da fonti fossili (come il petrolio) .

Nella produzione si parte dall’elettrolisi, in cui nell’acqua (H20) l’idrogeno viene scisso dall’ossigeno: facendo passare nell’acqua (preferibilmente di mare desalinizzata) della corrente elettrica, l’idrogeno si concentra intorno al catodo, cioè il polo negativo. Al tempo stesso, si cattura dall’aria l’anidride carbonica, spingendola con grandi ventilatori attraverso filtri che la trattengono. Dalla successiva miscelazione di idrogeno, anidride carbonica e alcune sostanze catalizzanti si ottiene l’e-metanolo, trasformabile con processi successivi in e-kerosene adatto ad alimentare gli aerei e in e-fuel idoneo per i motori a combustione interna. L’intero processo richiede molta acqua (ne servono due litri per ottenerne uno di e-fuel) e, soprattutto, tanta energia elettrica; quest’ultima dev’essere ottenuta da fonti rinnovabili, per non vanificare il tutto. Il bilancio carbonico, tra la CO2 catturata nell’aria e quella emessa allo scarico dei motori termici che utilizzano l’e-fuel, è infatti quasi pari a zero; inoltre, i propulsori così alimentati riducono o annullano altre emissioni, come quella di particolato. La produzione di e-fuel è, al momento, ancora molto costosa (anche se è difficile, trattandosi di esperienze pilota, individuarne il valore reale) e quantitativamente limitata, ma i sostenitori di questa soluzione ritengono che l’economia di scala e una politica fiscale incentivante potranno rendere questo combustibile competitivo. I detrattori, invece, sostengono che gli e-fuel non azzerano realmente, come fa invece la propulsione elettrica, le emissioni di anidride carbonica, che i costi resteranno elevati e che i quantitativi prodotti non saranno mai sufficienti per una loro diffusione su larga scala. A credere negli e-fuel sono, ad oggi, Mazda e Porsche. Quest’ultima ha realizzato un impianto sperimentale di produzione del combustibile nella Patagonia cilena.

BIOFUEL:

il biocombustibile più conosciuto è l’HVO ovvero olio vegetale idrotrattato o idrogenato. Si tratta del biocarburante prodotto con l’impiego di materie prime vegetali, scarti e residui di produzione o colture non idonee per utilizzi alimentari.

Con la raffinazione di questi materiali si ottiene il biodiesel, che già oggi è miscelato al gasolio derivato dal petrolio, ma che può essere interamente utilizzato per alimentare i propulsori ad accensione spontanea.

Nel nostro paese l’Eni lo distribuisce ad oggi in 50 stazioni di servizio italiane, che presto saranno 150, e la sua produzione avviene negli impianti ubicati a Venezia e Gela; per essere utilizzato nelle auto, i motori devono essere compatibili, va quindi verificato sul libretto di uso e manutenzione che sia presente la codifica con l’omologazione EN 15940 (XTL).

Non tutte le Case riportano nella documentazione di bordo questa sigla: l’Eni, pertanto, sta lavorando con i costruttori per realizzare e rendere noto un elenco completo dei modelli compatibili con il suo prodotto, denominato commercialmente HVOlution. L’impegno dell’azienda petrolifera pubblica in questo settore è uno dei motivi per cui l’Italia spinge in sede europea per far rientrare anche i biocombustibili tra i prodotti ammessi per l’alimentazione dei motori termici delle auto che saranno vendute dopo il 2035. I contrari a questa soluzione sottolineano come il biodiesel riduca solo parzialmente le emissioni carboniche allo scarico e come ci si rischi di sottrarre spazio alle colture alimentari necessarie per sfamare la popolazione mondiale; i sostenitori sottolineano, invece, come il biodiesel sia disponibile subito, non richieda investimenti colossali in impianti di produzione completamente diversi da quelli petroliferi, possa avvalersi della rete di distribuzione attuale e non comporti per l’utente accorgimenti particolari. Tutti elementi che possono contribuire fin da subito a una decarbonizzazione, pur parziale, dei trasporti.

Auto diesel: Il 77% dei test rivela ancora emissioni «sospette»

Dopo il Dieselgate del 2015, livelli di emissione sospetti continuano in almeno il 77% dei test effettuati su auto diesel in Europa. In Italia sono stimate 2,6 milioni di auto che non rispettano le regole.

 

Nel 2015, l’organizzazione The International Council on Clean Transportation (ICCT) rivelò una serie di falsificazioni nelle emissioni di auto diesel da cui scoppiò il famoso scandalo “Dieselgate”.

Oggi la stessa ICCT pubblica un nuovo rapporto dal quale si evince come da allora, molto probabilmente, non sia cambiato nulla e come milioni di auto diesel in Europa sembra utilizzino ancora un dispositivo di manipolazione vietato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE).

Secondo il rapporto, il 77% dei test effettuati su autovetture diesel Euro 6 in Europa hanno restituito livelli di emissioni di ossido di azoto (NOx) definiti, in base al comportamento previsto per questo tipo di test, “sospetti”. Una percentuale che sale all’85% nel caso dei modelli Euro 5.

Tali emissioni in eccesso indicano, spiegano dall’ICCT, il «probabile utilizzo» di un dispositivo di manipolazione vietato (defeat device) durante l’attività di calibrazione del motore. Un dubbio che diventa “quasi” una certezza nel 40% dei casi, in cui i livelli di emissioni di NOx sono definiti «estremi».

Perché “quasi”? Perché la soglia estrema, precisa l’organizzazione no-profit, indica un livello di emissioni talmente superiore ai limiti normativi da rendere «altamente improbabile» una spiegazione diversa dalla presenza di un dispositivo di manomissione delle emissioni. Potrebbero esistere circostanze che vanno dai difetti degli strumenti di misura o un malfunzionamento diffuso in una gamma di veicoli: tali condizioni sono rare, ma teoricamente possibili. Per questo, l’organizzazione preferisce usare il termine «quasi certo», anche se i dubbi sono appunto molto pochi.

In Italia si stimano 2,6 milioni di auto circolanti con livelli di emissioni “sospetti”, di cui 1,9 milioni con livelli di emissioni “estremi”. In Europa sono stati venduti circa 53 milioni di auto diesel dal 2009 al 2019. La maggior parte di queste è ancora in funzione e continua a emettere livelli elevati di NOx (inquinante atmosferico pericoloso che rappresenta un rischio significativo per la salute umana).

L’ICCT ha anche valutato i dati raccolti attraverso le passate campagne di telerilevamento, misurando le emissioni reali dei veicoli a bordo strada al passaggio degli automobilisti. I dati, che comprendono 700mila misurazioni in cinque Paesi europei, hanno mostrato che circa il 75% dei veicoli con motori diesel testati ha emissioni medie superiori alla soglia “estrema”. Secondo l’ICCT, in totale ci sono 150 modelli di veicoli che presentano emissioni superiori alla soglia di sicurezza e stima che oggi siano in circolazione 19 milioni di veicoli con emissioni “sospette” e 13 milioni di veicoli con emissioni “estreme”.

Il Dieselgate del 2015 aveva rivelato l’utilizzo di un software installato nel veicolo per alterare o disattivare il sistema di controllo delle emissioni in determinate condizioni operative. Dopo lo scandalo, solo alcuni produttori hanno effettuato richiami e aggiornamenti delle auto diesel in Europa. Secondo l’ICCT l’impatto di questi aggiornamenti, però, non è chiaro, poiché molti veicoli non sono stati sottoposti a nuovi test o i risultati dei test non sono stati resi pubblici.

Con le sentenze pubblicate nel dicembre 2020 prima e nel luglio 2022 poi, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che non è possibile utilizzare i dispositivi di manipolazione per i veicoli in condizioni di guida “normale” e usati durante tutto l’anno. L’ICCT ha identificato 66 modelli di veicoli che utilizzano strategie di calibrazione tacciati di essere dispositivi di manipolazione vietati in base alle ultime sentenze della Corte: la maggior parte di questi modelli di veicoli (48, per la precisione) utilizzerebbero strategie che alterano o disattivano il sistema di controllo delle emissioni a basse temperature ambientali.

«È difficile contestare una tale quantità di dati analizzati e di test raccolti da più fonti. Tutti puntano nella stessa direzione», afferma Peter Mock, direttore generale dell’ICCT per l’Europa. «Dopo le sentenze della Corte, questi risultati rappresentano un solido insieme di prove per le autorità che devono indagare e potenzialmente intraprendere azioni correttive per affrontare i rischi per la salute posti dalle auto diesel europee che circolano sulle nostre strade».

L’inquinamento atmosferico continua a essere il principale rischio per la salute in Europa. I veicoli diesel sono uno dei principali responsabili, soprattutto a causa delle elevate emissioni di NOx. Nell’area europea, 35.400 decessi prematuri sono stati collegati alle emissioni dei veicoli diesel su strada dal 2015, ovvero il 14% di tutti i decessi prematuri legati all’inquinamento atmosferico.

Bando ai motori endotermici, rinviato il voto al Consiglio UE

Rallenta la corsa verso quella che sembrava a tutti gli effetti l’elettrificazione del parco circolante.La discussione sulla messa al bando di automobili e veicoli commerciali leggeri di nuova produzione con motori endotermici aveva infatti incassato il voto positivo da parte del Parlamento Europeo il 14 febbraio scorso: prima di arrivare alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione, l’atto conclusivo dell’iter legislativo a livello europeo, manca il passaggio al Consiglio. Ma questo è stato rinviato a data da destinarsi.

Una decisione che tiene conto delle perplessità espresse a più voci dai governi europei, Italia compresa. Il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto, infatti, aveva dichiarato già a fine febbraio che l’Italia avrebbe votato contro la proposta di messa al bando dei motori endotermici, sostenendo che “i target ambientali vadano perseguiti attraverso una transizione economicamente sostenibile e socialmente equa, pianificata e guidata con grande attenzione, per evitare ripercussioni negative per il Paese sia sotto l’aspetto occupazionale che produttivo” promuovendo dunque una logica di neutralità tecnologica – una contemporanea valutazione di tutte le tecnologie ad oggi disponibili – rispetto alle soluzioni da adottare per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione.  Questa posizione era stata condivisa dalla Polonia, contraria al pari dell’Italia all’adozione del Regolamento, mentre la Bulgaria aveva dichiarato la propria astensione al voto. A determinare il rinvio definitivo sine die (dopo due tentativi di riprogrammare la discussione) è stata però la Germania, ancora divisa a livello di politica interna fra i fermi sostenitori del blocco dei motori endotermici al 2035 e quelli più propensi ad una revisione del Regolamento in direzione di una maggiore apertura verso forme di alimentazione alternative oltre all’elettrico. Con quattro voti contrari nella discussione del Consiglio UE si incorrerebbe nella cosiddetta minoranza di blocco, sufficiente ad impedire l’adozione del Regolamento. Di qui la decisione da parte del Corepar di interrompere l’iter, permettendo agli stati di proseguire nel negoziato prima di portare il Regolamento al voto definitivo.

Positiva la reazione dell’Italia, con il commento del Ministro Pichetto che definisce l’impostazione del Regolamento “troppo ideologica e poco concreta” e prosegue: “L’Italia ha una posizione molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili – spiega il Ministro – è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva”, auspicando che la pausa nelle trattative sia utile “anche ad altri paesi e alle stesse istituzioni europee un’ulteriore riflessione su un tema così importante per cittadini e imprese”.

MECCATRONICA, PROROGATO AL 2024 TERMINE PER ADEGUAMENTO REQUISITI

Per effetto del Decreto Milleproroghe, slitta di un anno, e cioè al 5 gennaio 2024 – anche grazie alle sollecitazioni del nostro livello nazionale –  il termine per l’acquisizione dei requisiti professionali dei meccatronici.

La proroga è indispensabile per consentire di sanare i ritardi nella organizzazione dei corsi regionali di qualificazione e creare le condizioni idonee per l’adeguamento della qualificazione degli autoriparatori.

IN SINTESI

La legge n. 224/2012, entrata in vigore il 5 gennaio 2013, ha modificato l’art. 3 della legge 122/1992 disponendo che l’attività di autoriparazione si distingue in:

  • MECCATRONICA
  • CARROZZERIA
  • GOMMISTA

Le precedenti attività di “Meccanica /motoristica” e di “Elettrauto” sono state accorpate nell’unica categoria di “Meccatronica”.

A seguito di tale modifica:

Le imprese che, alla data del 5 gennaio 2013, erano già iscritte al Registro delle imprese sia per l’attività di meccanica – motoristica che per l’attività di elettrauto sono state abilitate d’ufficio alla nuova attività di “meccatronica”;

Le imprese che, alla data di entrata in vigore della legge, erano già iscritte nel Registro delle imprese e abilitate alla sola attività di meccanica – motoristica o alla sola attività di elettrauto potevano continuare a svolgere l’attività sino al 4 gennaio 2023. L’art. 22 del cd. decreto milleproroghe (D.L. 198/2022),  convertito in legge n.14 il 24/2/23, ha prorogato di un anno il termine per la regolarizzazione, pertanto la data entro cui le imprese dovranno regolarizzarsi è quella del 5 gennaio 2024.

UN 2023 ALL’INSEGNA DELL’OTTIMISMO PER GLI AUTORIPARATORI

C’è ottimismo tra i professionisti della riparazione: il trend positivo prosegue e il settore inizia il nuovo anno col piede giusto.

Cresce l’ottimismo tra i professionisti della riparazione: a gennaio 2023, infatti, il 22% degli autoriparatori italiani ha definito “alto” il livello delle attività di officina effettuate, contro l’8% che invece lo ha definito “basso”. Il restante 70% ha invece valutato come “normale” il livello di attività di autoriparazione svolte a gennaio.

È questo, in sintesi, il quadro piuttosto positivo che emerge dal Barometro sul sentiment dell’assistenza auto, elaborato dall’Osservatorio Autopromotec sulla base di inchieste mensili condotte su un campione rappresentativo di officine di autoriparazione.

Dalla differenza dei giudizi positivi e negativi espressi a gennaio dagli autoriparatori italiani emerge un saldo positivo (+14), inferiore a quelli registrati a dicembre (+24) e novembre (+20), ma molto superiore a quello rilevato nel gennaio del 2022 (saldo negativo di -11) e negli altri mesi dello scorso anno. La tendenza positiva può quindi considerarsi confermata.

Il Barometro esamina anche la situazione dei prezzi di officina, che a gennaio 2023 si sono mantenuti su livelli normali, secondo quanto dichiarato dal 79% degli autoriparatori, su livelli alti per il 17% e su livelli bassi soltanto per il 4%.

L’Osservatorio Autopromotec analizza le previsioni per i prossimi tre/quattro mesi. Per quanto riguarda l’attività di autoriparazione, il 13% degli interpellati ritiene che in primavera la domanda di attività di officina continuerà a crescere, a differenza di appena il 4% che si aspetta una diminuzione, mentre per l’83% ci sarà stabilità.

Anche per i prezzi le indicazioni propendono per un aumento: il 17% degli autoriparatori si aspetta che tra marzo e aprile i prezzi cresceranno ancora, contro appena l’1% che pensa caleranno; per l’82% i prezzi rimarranno stabili rispetto a gennaio.


Stop ai motori inquinanti dal 2035, cosa prevede l’Ue

Auto e furgoni a benzina e diesel, addio.

Con l’ultimo voto a Strasburgo, l’Europa sceglie di mettere definitivamente al bando a partire dal 2035 la vendita di nuovi veicoli leggeri a motore termico. Un passo – parte del maxi-pacchetto per il Clima ‘Fit for 55’ – sulla via per portare il Vecchio Continente alle emissioni zero nel 2050 licenziato non senza polemiche dagli eurodeputati in sessione plenaria con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni.

Ecco i punti principali del provvedimento.
* EMISSIONI ZERO AL 2035 – Il testo prevede di ridurre del 100% le emissioni di auto e furgoni nuovi che emettono CO2 nel 2035.
    Tradotto: i veicoli leggeri con motore a combustione, alimentate a benzina e diesel, non potranno più essere immatricolati.
* TARGET INTERMEDI – Entro il 2030 i costruttori dovranno ridurre del 55% le emissioni delle nuove auto immesse sul mercato e del 50% quelle dei nuovi veicoli commerciali.
* MONITORAGGIO – Bruxelles presenterà entro il 2025 una metodologia per valutare e comunicare i dati sulle emissioni di Co2 durante tutto il ciclo di vita delle auto e dei furgoni venduti sul mercato continentale. Ogni due anni la Commissione europea pubblicherà una relazione per evidenziare i progressi compiuti nell’ambito della mobilità a zero emissioni. Nel 2026 sarà valutata anche la possibilità di mantenere motori ibridi o che utilizzano gli ecocarburanti (e-fuels).
* DEROGA MOTOR VALLEY – Via libera alla possibilità per i produttori di nicchia (meno di 10mila auto l’anno, o meno di 22mila furgoni all’anno) di continuare a vendere i loro veicoli con i tradizionali motori termici fino al termine del 2035: avranno così un anno in più di tempo per adeguarsi. Un’eccezione cara all’Italia perché tutela le case delle auto di lusso della Motor Valley, come Ferrari, Maserati e Lamborghini. Per chi invece produce meno di mille veicoli l’anno è prevista un’esenzione totale dalle nuove disposizioni Ue.
* ESCLUSO L’USATO – Nel 2035 le auto alimentate in maniera tradizionale continueranno comunque a circolare: lo stop è rivolto alla vendita dei veicoli nuovi.
* INCENTIVI – Il cosiddetto bonus Zlev per concedere obiettivi più bassi di riduzione delle emissioni alle case automobilistiche che producono auto a zero emissioni e ibride sarà adattato: ci sono diverse tappe a scalare dal 2025 al 2029, fino alla sua eliminazione nel 2030. 

Nel 2050 due auto su tre saranno ancora a combustione interna

Entro il 2050 il parco circolante mondiale di autovetture sarà composto per i due terzi (il 67%) da auto a combustione interna (benzina, diesel e ibride), per il 28% da full electric e ibride plug-in e per il 5% da auto ad alimentazione alternativa (idrogeno, metano e gpl).

Sempre entro il 2050, i veicoli elettrici a batteria (BEV) diventeranno i più venduti in assoluto, con una quota di mercato del 56%, seguiti da quelli a combustione interna (ICE, con quota del 18%), dagli ibridi elettrici (HEV, con quota del 16%), dai Phev (5%) e da Fuel Cell e Flex Fuel (5%).

Anche con la crescita della mobilità elettrica prevista in futuro, che in Europa sarà accelerata dal 2035 (anno a partire dal quale nei Paesi dell’UE non potranno più essere commercializzati veicoli a combustione interna), i veicoli ad alimentazione tradizionale continueranno quindi a lungo a essere i più diffusi a livello globale. Da dove ginungono queste previsioni? Arrivano da un’elaborazione dell’Osservatorio Autopromotec sulla base di studi del Bloomberg New Energy Finance, Goldman Sachs e del Gruppo Wood Mackenzie.

L’evoluzione del parco circolante di autovetture e gli sviluppi legati alla diffusione della mobilità elettrica avranno conseguenze importanti anche per il settore dell’autoriparazione. Da un lato, per gli autoriparatori sarà sempre più importante restare aggiornati sulle ultime novità in materia di nuove tecnologie e adeguarsi alla crescente diffusione delle auto elettriche (che necessitano di una manutenzione completamente differente rispetto a quella dei veicoli tradizionali).

Dall’altro lato il fatto che nel parco circolante continueranno ad essere predominanti i veicoli a combustione interna, come dimostrano i dati degli studi citati in apertura, indica che sarà importante non disperdere il patrimonio di pratiche e conoscenze costruite in anni di attività dagli operatori dell’autoriparazione, che avranno ancora per molto tempo a che fare con i motori a benzina e diesel.

Il settore dell’autoriparazione dovrà quindi orientarsi in un panorama diviso tra due prospettive differenti e di pari importanza, ponendo attenzione sull’aggiornamento tecnologico di operatori e attrezzature e allo stesso tempo mantenendo le buone pratiche e le conoscenze sviluppate finora.

Di queste necessità, e delle iniziative da mettere in atto per adeguarsi agli sviluppi del mercato, si parlerà nel corso di Futurmotive Expo & Talks, nuovo evento di Autopromotec dedicato a costruttori, componentisti, distributori e buyers, che avrà luogo dal 16 al 18 novembre 2023 e tratterà delle sfide della transizione energetica ed ecologica e dei nuovi modelli di business nel settore automotive.

Colonnine di ricarica: a rischio i 700 milioni del Pnrr

L’Italia rischia di “bruciarsi” i 721 milioni di euro messi a disposizione dal Pnrr per la realizzazione di una rete d’infrastrutture di ricarica destinata ai veicoli elettrici: l’allarme arriva da Motus-E, l’associazione degli operatori del settore della mobilità a batteria, che invoca un rapido intervento del governo perché risolva quanto prima alcuni nodi che rendono difficilmente attuabile il piano relativo all’installazione di oltre 21 mila punti nelle aree urbane e lungo la viabilità extraurbana.

I problemi. Motus-E mette l’accento in primo luogo sulle tempistiche previste dai decreti attuativi, incompatibili con i processi autorizzativi con cui, quasi quotidianamente, si scontrano gli operatori del settore: secondo l’ultimo report dell’associazione, il 12% delle colonnine installate risulta non funzionante perché non allacciato alla rete del distributore o per difficoltà burocratiche. Senza risolvere questo male tipicamente italiano, magari dando vita a una corsia veloce autorizzativa, c’è il concreto pericolo che le importanti risorse europee finiscano per essere inutilizzate. Insomma, enti e ministeri coinvolti dovrebbero attivarsi rapidamente per trovare una soluzione concordata che snellisca sostanzialmente i processi.

Le posizioni. Motus-E sottolinea anche un altro aspetto critico della normativa: il fatto che premi in modo particolare l’installazione delle colonnine nelle aree di servizio dei carburanti (escluse quelle autostradali, che non beneficiano di questi fondi). Secondo l’associazione, gli utenti delle auto elettriche prediligono altre situazioni per le ricariche, come parcheggi presso gli uffici, attività commerciali o quelle ricreative, mentre la sosta presso un distributore spesso non garantisce attrattive per chi vi deve restare per un tempo ancora piuttosto prolungato. Alla luce di tutto questo, Motus-E chiede un intervento urgente e mirato del governo che consenta di avviare le gare in maniera efficiente e nel rispetto dei tempi stabiliti, così da poter attingere alla prima tranche dei fondi europei, prevista per l’inizio dell’estate.

fonte: quattroruote.it

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